Mauro Pesce, Da Gesù al cristianesimo, Morcelliana, 2011, 20,00 €
Come
compiere una ricerca storica su Gesù? A tale domanda cruciale Mauro
Pesce cerca di rispondere in queste pagine nel confronto critico con gli
studi di J. Dupont, E. Käsemann, D.C. Allison e con la più avveduta
ricerca contemporanea. Di qui i due binari su cui si articola il volume:
da una parte ricostruire la fisionomia storica di Gesù, dall’altra
individuare quali forme religiose scaturiscono dopo di lui fra i diversi
gruppi dei suoi seguaci. A fare problema, e ad essere qui messo a fuoco
in quanto oggetto di interesse storico, è il nesso tra la figura di
Gesù e la nascita del cristianesimo come religione distinta dal
giudaismo.
Prioritaria è una osservazione di metodo su come impostare la questione Gesù/cristianesimo: assumere questo nesso nella sua continuità – come per lo più fa l’esegesi cristiana – è una posizione apologetica, orientata a giustificare una fede. Ma lo sguardo distaccato dello storico deve esaminare tutti gli elementi disponibili per ricostruire l’individuo Gesù e il suo ruolo prima di formulare un’ipotesi. Qui nello specifico si affronta la trasmissione delle sue parole (ciò che realmente ha detto) e la sua ebraicità, vale a dire la sua differenza rispetto al cristianesimo primitivo. Si evidenzia anche la necessità di una ricerca antropologica su Gesù: analizzare la sua pratica di vita, di un leader immerso fra la gente. Quando poi ci si chiede come è nato il cristianesimo, è necessario tener conto della pluralità dei cristianesimi: di quale cristianesimo si parla? Si giunge quindi al delicato problema del rapporto fra ricerca storica e presupposti della fede: come conciliare l’autonomia dello storico e la tradizione della Chiesa?
Questioni quanto mai attuali perché investono dall’interno il mestiere dello storico e l’identità della storia del cristianesimo. Se l’indagine su Gesù consta ormai di più modelli di ricerca – la storiografia la divide in Old, New e Third Quest –, né può ritenersi compiuta né può ritenersi archiviata. Ogni tassello ha la funzione di far progredire il dibattito scientifico su quella storia, e ha in sé bisogno tanto del passato – dell’esegesi dal XVI secolo ad oggi – quanto di nuove piste future.
Prioritaria è una osservazione di metodo su come impostare la questione Gesù/cristianesimo: assumere questo nesso nella sua continuità – come per lo più fa l’esegesi cristiana – è una posizione apologetica, orientata a giustificare una fede. Ma lo sguardo distaccato dello storico deve esaminare tutti gli elementi disponibili per ricostruire l’individuo Gesù e il suo ruolo prima di formulare un’ipotesi. Qui nello specifico si affronta la trasmissione delle sue parole (ciò che realmente ha detto) e la sua ebraicità, vale a dire la sua differenza rispetto al cristianesimo primitivo. Si evidenzia anche la necessità di una ricerca antropologica su Gesù: analizzare la sua pratica di vita, di un leader immerso fra la gente. Quando poi ci si chiede come è nato il cristianesimo, è necessario tener conto della pluralità dei cristianesimi: di quale cristianesimo si parla? Si giunge quindi al delicato problema del rapporto fra ricerca storica e presupposti della fede: come conciliare l’autonomia dello storico e la tradizione della Chiesa?
Questioni quanto mai attuali perché investono dall’interno il mestiere dello storico e l’identità della storia del cristianesimo. Se l’indagine su Gesù consta ormai di più modelli di ricerca – la storiografia la divide in Old, New e Third Quest –, né può ritenersi compiuta né può ritenersi archiviata. Ogni tassello ha la funzione di far progredire il dibattito scientifico su quella storia, e ha in sé bisogno tanto del passato – dell’esegesi dal XVI secolo ad oggi – quanto di nuove piste future.
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